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Purtroppo i secoli di fame hanno fatto sì che,
per contrasto, l'ideale di bellezza popolare indiana sia la
donna rotondetta che oggi viene esaltata dalle produzioni
cinematografiche di Bollywood, ma fra la gente normale il
corpo slanciato, con arti lunghi e sottili, è largamente
dominante. Questo è il tipo fisico a cui il sari dona di più.
Dalle pieghe liquide del drappeggio emergono le braccia nude,
lunghissime e magre, cariche di braccialetti. Questi sono
numerosi, del tipo a cerchio rigido, e possono anche essere di
materiali umili come la l'ottone o la plastica (in questo caso
di un colore intonato all'abito) mentre per gli altri pezzi la
bigiotteria viene snobbata. In grande conto sono tenuti gli
orecchini, la gemma sulla narice, gli anelli, infilati anche
alle dita dei piedi, e, importantissime, le cavigliere, che
sono rigorosamente gemelle e portate piuttosto larghe, in modo
che i pendagli o le catenelle che le adornano cadano quasi sul
collo del piede.
Ai piedi, lunghi e magri, si portano sandali fradito, a
ciabatta, che sono di fatto i più pratici per il clima e per
le strade indiane. Anche in questo campo l'artigianato locale
ha prodotto oggetti bellissimi in pelle intrecciata, che oggi
sono largamente esportati da noi, mentre in India il fatto che
il mestiere del conciatore sia uno dei più disprezzati dalla
religione indù ha favorito una vastissima diffusione degli
equivalenti di plastica o di gomma.
Il trucco può essere anche molto elaborato, arricchito con
disegni all'henné sulle mani e sui piedi, ma comprende come
minimo il notissimo kajal e molto spesso il "terzo occhio"
disegnato o incollato sulla fronte, di colore blu, rosso,
giallo o nero.
Come tocco finale, sui capelli, neri, lunghi, lisci e
variamente raccolti, si appoggia una collana di fiori di
gelsomino. Si comprano a metratura per poche rupie, dai
venditori ambulanti, e per tutto il giorno diffondono intorno
alla persona un profumo persistente e discreto.
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